Immigrati a Casa Matti
Mamadou ascolta la musica.
Nel piccolo borgo di Casa Matti di Romagnese (Pv), il numero di persone richiedenti asilo è lo stesso degli abitanti: 25.
L’hotel Alpe, di Maurizio Cotroni, ha accettato la richiesta della Prefettura di Pavia per uno spirito cristiano e perché ormai arrivava un numero esiguo di turisti e avrebbe dovuto presto chiudere.
I ragazzi provenienti dalla Nigeria, Senegal, Mali e Gambia hanno trovatola sponda dove finalmente “arrivare” in mezzo alle colline dell’oltre Po. Sperduti più che mai, non solo fisicamente, attendono lo status di richiedenti asilo.
All’arrivo dei profughi, in paese è partita una raccolta firme per mandarli via. Hanno firmato tutti tranne due persone.
Non è successo nulla ma la percezione di insicurezza, la pressioni mediatica e politica, sta creando tensioni in paese. i non firmatari si trovano quasi discriminate, altri, premesso di non essere razzisti, parlano di perduta pace. Temono che l’inattività li porti a delinquere, che i turisti si spaventino e non capiscono perché portarli dove già non c’è nulla per loro stessi: non ci sono negozio, farmacia o servizi pubblici, a parte due alberghi-ristoranti.
Maurizio Cotroni cerca invece di coinvolgere i ragazzi nella vita della comunità montana. Partite di calcio con la squadra di Romagnese, richieste per lavori socialmente utili al sindaco: la pulizia delle strade e delle mulattiere sulle colline, proprio sopra il borgo.
Nel frattempo gli immigrati fanno controlli sanitari, imparano l’italiano e condividono lo spazio comunque in hotel. Con i loro telefonini cercano una finestra sul mondo in cui sono sbarcati o su quello che hanno lasciato. Qualcuno anche dopo 5 anni di viaggi, attraverso i pericoli in Algeria e Libia. Chi da guerre dimenticate o nuove (nord del Mali) o religiose: come i ragazzi cattolici della Nigeria.
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